Festival della letteratura femminile. Narni, 25/27 settembre 2009
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di Tullia Bartolini
Narni è invasa da un sole paradossale. Sale sulle torri, scivola nelle vie, si spalma sulle pareti dei palazzi.
Cammino protetta dai vicoli: Narni mi dà questo senso di protezione.
Le pareti annerite dal tempo, la geometria intatta delle pietre. Poco piu’ avanti, in fondo alla strada, la chiesa dei domenicani, in restauro.
Sotto al pavimento della chiesa, le sale dove l’inquisitore torturava le sue vittime.
Le invitate al convegno parlano, con un fervore quasi religioso, di mondi opposti: gli spostamenti del femminile rispetto al prima, l’alterita’ col maschio. Esther Basile è instancabile, ama cio’ che fa: glielo si legge negli occhi.
Molti gli interventi interessanti.
Eppure.
Non sento alcuna contrapposizione con l’uomo di cui ho imparato a leggere, col tempo, fragilita’ e contraddizioni. Non siamo meglio, non siamo peggio. Siamo e basta.
Altro da me è solo l’estraneo in cui non mi riconosco: Penelope che tesse la sua trama ed attende, per esempio.
Non mi è mai piaciuta, non la sopporto.
Sin dal mattino, ospiti del convento di Sant’Anna, si è parlato di alterita’.
E di letteratura di genere.
Ci sono femministe napoletane di cui apprezzo il piglio ed il vigore. Certo, la strada ce l’hanno spianata loro. L’hanno spianata a me, per dire che siamo uguali.
Ma loro ancora non ci credono.
Esiste, una letteratura di genere? Il dolore, il rimpianto, l’amore, hanno davvero un sesso, quando vengono raccontati e diventano parte del racconto del mondo?
Il pensiero delle donne diventa frutto di neuroni implosi, di una diversa cosmogonia. Non sono del tutto d’accordo.
Decostruire, piuttosto, un mito: quello dell’eterno femminino, equivalente all’anima negra o al ‘carattere ebraico’.
La penso come la De Beauvoir.
E’ ora di smetterla.
Piuttosto – vagheggio – imparare una reciproca disposizione all’amore. Essere amante – amare il maschio – come aspirazione al divino. Uno sbilanciamento fuori di sè che ci renda libere.