Valerio Vestoso & C… oltre la siepe (di Melania Petriello)
Valerio & C… oltre la siepe
di Melania Petriello
Ci ho pensato e ripensato. Poi mi sono arresa all’evidenza dell’intenzione: un inizio “buono” non mi sarebbe uscito. Sarà perché l’esordio migliore è nella grandezza semplice di un progetto su cui il nostro Direttore ha saputo innestare un confronto virtuale tra menti sagge. O meglio tra le menti che di questo Sannio si sono nutrite egregiamente serbando un ricorso intenso ovvero alimentando la voglia di continuare ad investire nel valore della partecip-azione.
Metti un video prodotto da uno dei nostri più incisivi talenti, aggiungi una proposta musicale fresca, condisci il tutto di sano spirito campanilistico ed ecco fatto: questa è politica culturale. Quella che nasce dal confronto tra chi maneggia la cultura nelle fucine silenti e spesso tacitamente ignorante di genialità distillata, quella che si fonda su un gioco di prospettive con una lucidità improvvisata che stimola le intelligenze, quella che anche da un post su facebook diviene collante di neuroni impazziti alla ricerca dell’isola dalle verità nascoste, che poi nascoste non sono.
E non lo sono perché la realtà magmatica e meravigliosa dei giovani talenti è talmente acclarata che il confine tra lungimiranza degli investimenti e retorica della dissomiglianza si assottiglia fino a scomparire: restano i giovani, il territorio e l’eterno dilemma sulle responsabilità brillantemente rimpallate.
Il video Lunaviola, dei Made in Sann-yo con la regia impeccabile di Valerio Vestoso, protagonista una bella e brava Grazia Marotti, parla di Benevento e del suo coraggio. Del coraggio di una parte.
Si, ammettiamolo, fa un certo effetto vedere noi stessi reinterpretati dalla luce di artisti che sono anche i nostri vicini di casa e che, per questo, certa retrocultura provinciale tende a considerare “altri” rispetto agli artisti tout court. Il Sannio è terra di cultura e di storie importanti, di esperienze dalla eco ineguagliabile, di tristi migrazioni intellettuali, di idee che restano, nonostante tutto, legate ad una sensibilità identitaria che ci portiamo dietro, anzi dentro, da secoli. Ma la consapevolezza individuale non basta, equivarrebbe ad un subaffitto dell’eccellenza.
Gli artisti vanno coltivati, foraggiati, indirizzati verso altri lidi, lasciando però loro la consapevolezza di poter tornare in una realtà che garantisce prospettive di crescita perchè dispensa opportunità.
È questa la parte migliore della nostra città, che sfida stessa perchè accetta di mettersi in gioco, che impavida prosegue per la strada in salita dell’intraprendenza senza limitarsi all’istinto della mera conservazione, che riscatta quell’entità indefinita dei “giovani” regalandogli l’oggi, più che il domani.
A sud del sud. In quel mezzogiorno dell’anima che è il tutto e il nulla, il dilettantismo e la professionalità, l’ignavia e il sacrificio, c’è un “sottobosco” di cui siamo parte. Basterebbe che, insieme, rischiando di perdere nel confronto parte delle nostre certezze, guardassimo oltre la siepe che separa il coraggio della semina dalla narcosi del pregiudizio.
Da Messaggio D’Oggi numero 5 dell’11 febbraio 2010