Fini e il 25 aprile 2010: Liberazione come azione ed ecologia del linguaggio
Fini e il 25 aprile 2010: Liberazione come azione ed ecologia del linguaggio
di Alessio Masone
L’esercizio della democrazia passa attraverso le azioni controcorrente e non tramite quelle parole che restano, come un rumore di sottofondo, di fatto, complici dello status quo.
Le azioni controcorrente, per noi, comuni cittadini, sono quelle quotidiane con cui rifiutiamo, contro la convenienza del momento, l’omologazione del linguaggio e degli stili di vita.
Per i leader politici, le azioni controcorrente sono quelle che, capaci di anticipare gli eventi, appaiono, al momento, impopolari.
La narrazione televisivisa del mondo, di Napolitano sulla Liberarazione o di Berlusconi al suo congresso, alimenta quell’attitudine al verticismo emozionale che consente la prevalenza delle idee più mediatiche su tutto il resto: anche gli uomini politici, in questo campo, costituiscono solo idee, percezioni emozionali, “memi” (versione culturale dei geni del codice genetico) che, disgiuntisi dall’individuo e dalla sua ipotesi di giustizia, arrivano a una popolazione ormai priva di una propria trama interpretativa di quella realtà materializzata dalle evenienze emozionali.
Non seguo i giornali e, solo, casualmente i telegiornali, ma il caso Fini è in moto da tempo.
Da tempo, Fini si sta preparando alla fine biologica di un movimento che, senza alcuna ideologia, si fonda esclusivamente sul culto della persona. Messa fuori uso per 15 anni, la destra italiana non si è evoluta: appena il giogo mediatico, imposto da Berlusconi, sarà terminato, la destra italiana dovrà allinearsi prontamente alla moderna destra europea.
Mentre, per l’attuale destra (se la si può definire così), Fini è in uno stato confusionale tendente a sinistra, di fatto, questo leader è, determinatamente, avanti al suo popolo: alla fine del regime, gli stessi berlusconiani di ferro, ritrovandosi in un partito orfano di visioni e di consensi, faranno abiura di Berlusconi.
Fini ha avuto la lungimiranza e il coraggio, agendo controcorrente, di abiurare prima del 25 aprile.
Poi, avvenuta la Liberazione, con la comodità dei qualunquisti, uomini politici e popolazione di destra lo seguiranno in massa.
Noi, cittadini, di sinistra e di destra, nel nostro agire quotidiano e nella scelta degli strumenti di comunicazione, abbiamo da imparare dalla determinazione di Fini.
La lezione sulla Liberazione è stata tenuta da Napolitano con belle parole, da Fini con parole capaci di azione.
A quando la Liberazione da un linguaggio incapace di azione? A quando un’ecologia della parola?
A quando un linguaggio laico (come buddista), sgombro da sovrastrutture emozionali etiche e politiche ereditate dall’alto?