carpe diem
carpe diem. cogli l’attimo. no, non voglio fare il fighetto, ma questo modo di dire mi è stato molto utile da piccolo. l’ho imparato dopo aver visto l’attimo fuggente, che poi è anche uno dei miei film preferiti, quello dove un ragazzo si suicida perché il padre non vuole fargli fare l’attore, ed ora, però, paradossalmente si ritrova a fare il dottore e l’amico sfigato del dottor house. mi è ritornata in mente perché domenica è il mio compleanno e compio 27 anni e non sono molto pronto. non sono sufficientemente maturo. questa società non me lo permette e sono sicuro di rimanere un eterno peter pan. sindrome della quale soffro tutt’ora. dicevo carpe diem perché ripetendomela spesso ho baciato la ragazza che non mi filava prorpio, quella con i capelli biondi, che poi ce ne sono tante in giro, ma non come lei. ci sono stato dietro cinque anni, e i miei amici ne sanno qualcosa. poi il momento è arrivato. dovevo tenere l’orale dell’esame di stato, e questa che fa? mi bacia, davanti a tutti, davanti all’aula con le porte aperte perché faceva caldo, davanti ai professori, nel corridoio dove dovevano esserci solo maschi e non ragazze che baciano, dove, quando passavano le professoresse, quelle bone, si apriva il mar rosso e tutti, lì, con gli occhi fuori, perché le uniche ragazze che vedevamo e pure da lontano erano quelle dell’artistico che la mattina se ne vedevano bene dal passare vicino all’ingresso della mia scuola. carpe diem ed il gioco era fatto, si, ma con i brillantini in faccia, perché quella si metteva queste cose strane in faccia. insomma mi siedo e la prima cosa che il professore di italiano mi chiede è che cosa sono quei brillantini.
-eeeeh professore, mi scusi, ma sono diventato abbastanza maturo per un bacio.
e quella si era seduta proprio dietro di me. non in fondo a parlare con le amiche, si perché si era portata anche le amiche. proprio al banco dietro di me, cioè, potevo sentirne il respiro. potevo sentire l’odore della notte che immaginavo di passare con lei. ma non mi importava poi così tanto. finalmente avevo una ragazza. quello che poi si aspetta chi si sta diplomando, cioè la ragazza che serve da trofeo, quella da far conoscere agli amici. quella delle prime esperienze.
si lo so salto subito a conclusioni affrettate, ma che ci volete fare se sono fatto così, cioè sogno troppo. è un altro dei miei difetti. infatti, non passai nessuna notte con lei. ci mandammo allegramente affanculo, con due effe, perché non so, non avevo capito, ma quella aveva ancora il ragazzo e doveva andare da lui. si era fatto tardi. Insomma l’accompagno al terminal e mi dice che non potevamo vederci più per il fatto del ragazzo che tra l’altro c’e l’aveva ancora con me perché poi le mi guardava. e io niente che potevo fare se non mandarla affanculo.
-e il bacio? I brillantini? e la notte tra cosce e zanzare che mi sognavo mentre all’esame parlavo di leopardi e di sistemi elettronici per far aprire che ne so forse un cancello? e ancora me lo ricordo quell’esame, specie quando mi spostai con la sedia e mi sedetti davanti al professore di telecomunicazioni, quello bastardo.
-allora leggimi la tua tesina e finiamola con questa messa in scena. E fai presto.
quello stesso professore che allo scritto della sua materia andò a prendersi il caffè.
-ma io sono fidanzata.
ma valle a capire ste donne. Prima ti baciano e poi ti mollano perché hanno un ragazzo. E valle a spiegare che non sei geloso, che non te ne frega niente di quello. che poi l’ha pure lascito per mettersi con uno che aveva un cespuglio al posto dei capelli.
e allora vaffanculo, che non ci si comporta così, che poi quando tornai a casa con i brillantini in faccia mia madre era già preoccupata. Si sa che le mamme con i figli maschi sono sempre iper-protettive, fino a toglierti il respiro. e intanto il respiro me lo aveva tolto lei, quello che c’aveva il ragazzo. quella che da dieci anni conserva ancora una mia sigaretta. e chi se la scorda.
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Bravo Alessandro. Devi correggere qualche refuso che è capitato nella foga della scrittura, intensa e ironica nello stesso tempo.