per un pugno di foto
Tags della Galleria Alessandro Caporaso, Fotografia
Tags: Alessandro Caporaso, folletti, willi loungebar
una volta a benevento non c’erano tanti fotografi, cioè che potevi camminare tranquillo per la strada che nessuno ti fotografava. Ora invece con il corso nuovo non si può fare neanche il passy-time. cioè quando ci mettevamo in macchina di antonello, una mitica panda rossa che bruciava più olio che benzina, e ci facevamo il corso due o tre volte a guardare le femmine. e non le potevamo neanche fotografarle che non c’erano i cellulari, di quelli che oggi fanno pure le foto, cioè fanno solo le foto perché di telefonare non se ne parla proprio.
oggi invece ci sono troppo fotografi che finisci a fare la fotografia a quello che ti sta fotografando e così ti ritrovi con un mucchio di fotografie dove si vede solo la lente dell’obbiettivo dell’altro fotografo.
così l’altro giorno mi chiama una tipa di un locale. io non la conosco, ma non è che non la conosco, perché a benevento ci conosciamo un po’ tutti, è solo che non ci ho mai parlato e non ci hanno mai presentati.
-ciao alessandro, sono marika del willi. il tuo numero me l’ha dato michele un tuo amico fotografo.
-piacere.
-michele mi ha detto che hai delle foto già stampate per una mostra e mi piacerebbe vederle così le mettiamo esposte.
-si, ho delle foto, ma fondamentalmente non c’è un tema di fondo, cioè non c’è una storia e tu sai benissimo che oggi fare una mostra fotografica significa raccontare qualcosa con delle immagini e io che racconto se con queste foto già stampate non ho niente da raccontare? cioè ci sono quattro foto che raccontano la musica e altre quattro che narrano le vicende di burattini beneventani. e che vogliamo fare, mica possiamo intitolare la mostra master of puppets, come il cd dei metallica? che tra l’altro non mi sono mai piaciuti i metallica.
-evvabbè che fa. tu portamele e vediamo
insomma ora c’è sta mostra al willi, con quelle foto che tenevo nello scatolo di cartone tra il muro e la cassettiera e che servirono per una mostra di romanticherie. stando lì hanno preso pure umidità e si sono pure un po’ rovinate, ma per una mostra di de-grad’art vanno più che bene, che il degrado tra i fighetti va sempre alla grande che tra un mojito e un ron-e coca un’occhiata alle foto glie la si dà sempre. mi sono ritrovato, così, a spiegare una per una, le foto ad una ragazza, ma non una ragazza, ma una r-a-g-a-z-z-a, e c’ho impiegato appena cinque minuti in tutto, che non è che non me ne teneva, ma è solo che l’emozione gioca sempre brutti scherzi e lei allora mi guarda come per dire
-stai tranquillo che non ti mangio se ci metti più tempo a spiegare le tue foto, non è che si raffredda il mio cocktail
la situazione era sempre più delicata e complessa. io che spiego a sta tipa le mie foto, dovevate vedermi. ero talmente emozionato da sta cosa che a momenti me la facevo sotto e mi sembrava di vedere tanti folletti che mi saltavano sulle spalle, giuro, tanti folletti che mi suggerivano un mare di cazzate che non ne potevo più. e intanto avevo i suoi occhi puntati nei miei che non riuscivo neanche a guardare le mie foto. e intanto i folletti che continuavano a suggerire. e poi c’era una tipa che cantava e io non riuscivo a sentire quello che mi dicevano. dovevo assolutamente recuperare dalla gaffe di un momento prima quando ho tentato di salvarla da un suo caro amico. io però non sapevo che lui fosse un suo caro amico. così lei ad un certo punto, mentre sta parlando con questo, mi guarda e m’era sembrato che volesse essere salvata, che si stava annoiando a parlare, cioè almeno io capisco questo. m’avvicino con quell’aria da figo che non sai da dove salta fuori. quell’aria da figo che ti viene una volta ogni tanto e per giunta sempre nei momenti sbagliati e puff…
-allora la mostra? ti accompagno visto che vuoi che te la spieghi.
ad un certo punto ho due paia di occhi puntati contro e il gelo cala in un attimo.
-cioè, mi hai detto che volevi….. la mostra scusa non volevi che te la spiegassi, non che ci sia tanto da spiegare ma…..
e poi le parlo all’orecchio
-pensavo ti stessi annoiando con questo, ma non volevo interrompere niente è solo che….
e lei si mette a ridere in un modo spropositato che io me ne vado subito a fumare una sigaretta e a parlare a telefono.
proprio perchè sono biodiverso come artista che commetto un mucchio di gaffe.
Così impari ad andare dove non sei adatto: non dare le perle ai porci.
Cmq, la tua scrittura “fotografa” il paradosso esistenziale.
Sei un’artista biodiverso.
alessio
Che splendida fotografia!