Niente paura, il meglio deve ancora venire
di Mariapaola Bianchini
Paura, un’emozione primaria. Nel senso che si attiva in automatico in caso di pericolo, agisce nel movimento del corpo – fuga o immobilizzazione – e nelle espressioni del viso – sopracciglia sollevate e riavvicinate, ruga al centro della fronte, labbra tese e stirate. Il pericolo in questione puo’ essere qualcosa di oggettivo – un serpente, un fuoco, un terremoto – o di soggettivo – un insetto, un rumore, la crisi che uccide il futuro . Ieri sera ero ad un concerto; nulla a che fare con la paura, anche se mi trovavo nel cuore di Napoli e mi era stato chiesto di portare un marsupio con dentro solo un pacchetto di fazzoletti, una bottiglia d’acqua ed il biglietto per entrare in piazza Plebiscito. Nient’altro, giusto per stare tranquilla; al massimo potevano rubare solo direttamente me, così mi avevano spiegato. Il cantante, un tipo famoso considerando che in piazza c’erano trentamila persone, per introdurre il secondo pezzo in scaletta ha cominciato a conversare di paura: “il 95% delle paure che abbiamo non esiste, è frutto della nostra mente”. Sull’esattezza della percentuale ho dei dubbi perché i pericoli oggettivi potrebbero essere qualcuno di più. Concordo invece nell’associare le emozioni, paura compresa, alle attribuzioni e interpretazioni degli eventi piuttosto che agli eventi in sé; ben convinta che gi eventi accadono come fatti e ogni mente vi risponde a suo modo: ognuno ha un suo stile di pensiero nel leggere i fatti e un suo modo di risposta nell’attivare le emozioni. E allora ci posso stare, mi sta bene che lui abbia detto così a trentamila persone me compresa. E mi sta bene che abbia cantato un po’ di coraggio – NIENTE PAURA - ce n’è bisogno per superare le preoccupazioni soprattutto adesso che non si parla d’altro che di crisi e futuro nero. E magari anche per superare il dolore, qualcosa di più di un’emozione, che quando c’è rende difficile ogni passo, ogni gesto, ogni azione per vivere e si finisce col sopravvivere. E allora mi sta bene che abbia cantato anche di dolore e che ai trentamila presenti abbia fatto cantare “che la vita è sempre forte molto più che facile “.
Il potenziale dell’arte, quello che più mi affascina, è attivare emozioni. Molti pensano che questo crei una realtà fittizia e pericolosa, in cui c’è il rischio di farsi prendere dalle sensazioni del momento e farsi portare fuori dal proprio percorso. Io invece penso che le emozioni, che accadano spontaneamente o che le ricerchiamo di proposito o che vi ci imbattiamo casualmente, siano sempre parte del nostro percorso e anzi ne siano la bussola di monitoraggio. Nel percorso , sia esso di “strade strette e diritte” o di “rotte deviate e bloccate” sono le emozione a informarci su quel che succede; e riconosciute, verbalizzate, scomposte nelle componenti sensazioni del corpo e pensieri della mente, ci guidano nel proseguire il percorso esattamente come farebbe una bussola.
Io questo ieri ce l’avevo ben in mente a piazza del Plebiscito. Sarà che scrivendo di fruizione consapevole ho cominciato a fruire consapevolmente ? O invece fruendo spesso consapevolmente ho cominciato a scrivere di fruizione consapevole ?
La risposta non importa, mi importa aver riconosciuto, a un certo punto della serata, che le emozioni in piazza erano un po’ diverse da quelle che mi aspettavo e a cui ero abituata. Meno emozioni piacevoli, come l’amore, lo stare bene con gli altri, essere positivi sul futuro e più emozioni spiacevoli, come la paura, l’incertezza, il dolore, la rabbia. Si capiva dall’intensità delle voci, nonostante l’entusiasmo di essere presenti alla musica di un così grande artista, in un così “capolavoro di piazza” in un così “capolavoro di città”.
E’ un brutto periodo: non circolano soldi, gli anziani non vanno in pensione e i giovani non lavorano, buona notte all’Italia “che c’ha il suo bel da fare tra un domani che arriva ma che sembra in apnea”. I dati di recenti studi scientifici hanno mostrato che il picco di depressione nel nostro paese e negli altri paesi dell’Europa centrale si è spostato nella fascia d’età di 30 anni. Chissà perchè ?! E soprattutto chissà come se ne esce ?!
Aumento di depressione clinicamente significativa nella fascia d’età 30 anni vuol dire che sono aumentati e sono in tanti i giovani che reagiscano poco attivamente alle difficoltà del quotidiano, rimanendo bloccati e fermi in emozioni spiacevoli di tristezza, disagio e ansia, sensazioni di malessere psicosomatico e di stress, pensieri negativi e poco funzionali. Io che ho quasi 30 anni i dati delle ricerche riesco a sentirmeli sulla pelle e vedo che i miei amici e colleghi non sono da meno. Siamo la generazione di mezzo tra il progresso e la crisi e stiamo sostenendo costi alti; però vedo anche che inquadrare le situazioni da angolature diverse e riuscire a cogliere gli aspetti costruttivi dei cambiamenti in qualche modo ripaga. Quando mi sono ri-avvicinata a Benevento mi ha colpita l’aver trovato una città ancora piena di problemi ma che in qualche modo tenta di attivarsi, re-inventarsi, cambiare. Come se forse una risposta verso il cambiamento sia cominciare ad avere un pensiero diverso, meno disfunzionale e più positivo. Il che non vuol dire fingere di non vedere la realtà, anche perché quella si impone con così drammatica evidenza, ma piuttosto cercare di inquadrarla in ogni angolo fino a cogliere il potenziale del cambiamento, e realizzarlo con creatività, passione, energia, pensiero positivo. Pensiero positivo prima di tutto , perchè è il modo di vedere le cose a fare la differenza, la fiducia nel futuro. Sembra un concetto scontato e invece non lo è per niente dato che in automatico, e i dati sulla depressione lo dimostrano, si ha la tendenza ad attivare pensieri opposti di pessimismo e sfiducia che hanno l’effetto contrario di chiudere al cambiamento, arrendersi all’apatia, accettare compromessi. In automatico significa che la mente li ha memorizzati e generalizzati al punto che si innescano da soli; è come quando si impara a guidare la macchina o la bicicletta, a un certo punto è tutto automatico. Ebbene modificare il modo di pensare è difficile e richiede esercizio ed energia. Comporta allenarsi a riconoscere i pensieri negativi e formulare alternative, ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. E trovarsi una frase salvagente, magari dentro una canzone visto che la musica potenzia le parole.
IL MEGLIO DEVE ANCORA VENIRE mi sembra una buona frase e buono è il discorso che c’è dietro : “se vedete un futuro nero vi prefigurate un futuro nero; al contrario pensare il meglio per voi vi aiuterà a impegnarvi nel raggiungerlo. Non lasciate rubarvi il futuro” .
Io questo cantante lo stimo, e piazza Plebiscito anche ha dato prova di stimarlo. Non mi resta che presentarlo, ma un grande artista come Luciano Ligabue si presenta da solo .