Violenza sulle donne e società competitiva. Pensiero della differenza per una cultura non violenta e inclusiva
[di Alessio Masone] Nella giornata dedicata alla violenza sulle donne, abbiamo avvertito un invito. Ma siamo mai riusciti ad eliminare i crimini grazie a una semplice sensibilizzazione?
Questo forse perché, nel quotidiano non agiamo nessun cambiamento, nessuna messa in discussione che ci consenta di non essere complici di una società competitiva ed escludente che agevola la violenza sulle donne ma anche la prevaricazione in genere.
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A proposito di donne, Art’Empori promuove un metodo utilizzato dal pensiero della differenza femminile per agevolare un linguaggio della non violenza: non citare i grandi autori per dare credibilità alle proprie convinzioni, ma utilizzare un linguaggio laico (scevro da dogmi e inclusivo) e capace di esperienzialità.
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Ebbene, sempre più, quando leggo uno scritto molto erudito e ricco di citazioni, insieme alla piacevolezza (fruizione estetica), io scorgo un linguaggio grondante sangue, in quanto esclusivo e competitivo (fruizione etica). In quel momento, come un visionario, scorgo insieme tutte le violenze e le prevaricazione che stanno avvenendo contro le donne e contro l’umanità: forse, oltre a dare spazio ai poeti che scrivono, dovremmo tentare di essere poeti nel leggere, quindi di essere coautori dell’opera e del mondo.
Questa fruizione etica ed esperienziale delle arti costituisce una cittadinanza artistica non delegata.
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Ma le donne, nel pensiero della differenza di genere, sono portatrici nel mondo anche di un’attitudine alla cooperazione, alla cura, alla solidarietà: esse, se non venissero omologate all’uomo (quote rosa), sarebbero capaci di promuovere un uomo meno competitivo ed escludente, meno bramoso di potere, quindi meno violento nelle ripercussioni diffuse del suo agire.
In questo caso, possiamo guardare le donne come protagoniste capaci di condizionare il mondo e non come vittime passive da tutelare.
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È necessario rimuovere la causa dell’ingiustizia, non semplicemente concentrarsi sui sintomi dell’ingiustizia, su quegli autori materiali di cui siamo noi i mandanti quotidiani: con l’esclusione che agevoliamo anche nel guardare un film premiato, nel comprare un libro promosso in televisione o sui giornali, nel partecipare a un dibattito dove i relatori sono tutti insieme contrapposti agli spettatori, nell’amare i personaggi nazionali della cultura e nell’odiare quelli vicini di casa.
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Mettere in discussione le nostre abitudini di fruizione artistica è faticoso per noi quanto lo è per un alcolizzato violento non picchiare la moglie.