Autoregalarsi due giorni in toscana , biglietto per Ben Harper compreso
Questo è il diario di bordo di due giorni in Toscana preparati sulla scia di un momento di pura irrazionalità.
Tutto è cominciato mettendo insieme due informazioni: Ben Harper al festival del blues di Pistoia – Ben Harper mio musicista preferito – ; 3 luglio giorno incredibilmente vicino al mio compleanno – compleanno con lo zero da festeggiare attraverso un’emozione unica. E così, nel giro di due giorni ho: fatto biglietto per il concerto, prenotato viaggio andata e ritorno, bloccato una stanza in un hotel di Firenze e un’altra in un bed and breakfast di Pistoia (giacchè c’ero, perchè non fare una passeggiata fiorentina?), respirato col diaframma in 3 cicli di mindfulness al giorno per calmare l’ansia rispetto alla decisione di viaggiare da sola.
A volte viaggiare soli puo’ anche avere un senso: mettersi alla prova, sfidare ansia e paure, ordinare pensieri, sospendersi brevemente da tutto, ascoltarsi. Perchè tanto gli altri ci sono sempre, ce li portiamo dentro e anche da lontano sono compagni di avventura, evocatori di interessi condivisi, porti che ci accolgono al rientro.
PRIMO GIORNO: FIRENZE.
Firenze è Firenze, città d’arte e di cultura unica, continuamente invasa da turisti. Visitarla in un giorno è ovviamente impossibile, bisogna scegliere delle priorità, fissare dei punti. I miei sono 1) contemplare le sale da 10 a 14 del museo degli Uffizi, 2) portare un fiore sulla tomba di Oriana Fallaci 3) godermi il panorama della città da piazzale Michelangelo.
Fare la fila per entrare agli Uffizi è un’esperienza noiosa, 1 ora e mezza di attesa che per evitarla sarebbe bastato prenotare in internet con “soli” 4 euro in più ma peccato che il giorno prima ci avessi provato ritrovandomi il bollino rosso del soldout. Comunque l’attesa vale la pena perchè una volta arrivata nel magnifico corridoio del secondo piano – dove statue di personaggi greci e romani mi osservano passeggiare mentre a tratti mi fermavo a parlare con qualcuno di loro, chessò Alessandro Magno per dirgli quanto era figo con il suo fascino da angelo e da conquistatore o Venere per dirle che casualmente la settimana prima mi ero imbattuta in una teoria junghiana di autostima al femminile in base a cui io e lei ci somigliavamo in alcuni errati belief di pensiero e schemi comportamentali, sono senza parole di fronte a tanta eleganza e tanta storia. Visito le prime sale, quelle della pittura medioevale con Giotto e Cimabue, ma velocemente e senza attenzione ai particolari. Visitare un museo come gli Uffizi, eccessivamente ricco di dipinti ed opere artistiche, richiede pause e tempo onde evitare ciò che la mia professoressa di psicologia dell’arte chiamava sovraccarico cognitivo e sconsigliava di esperire dati i rischi di disorientamento ed affaticamento tipici della sindrome di Stendhal. Quindi dato che di tempo ne ho poco a malincuore evito i particolari anche dei pittori successivi, rinascimentali e del barocco, Tiziano, Raffaello, Caravaggio. Mi concentro solo su Alessandro Botticelli, che come da programma è sparso tra le sale 10 e 14. L’arte, oltre ad essere bellezza, è stimolo di fruizione che si incontra con il nostro percorso di vita emozionando pensieri, ricordi, bisogni, modi di essere, fasi. Quando ero piccola l’arte per me era tutta bella, ogni dipinto cultura, ogni museo opportunità di crescita culturale. Nel tempo ho imparato a differenziare, a riconoscere ciò che più si sintonizzava con le mie corde più intime e a farmici attraversare. E così, arrivata di fronte ai mega dipinti – la nascita di Venere – la primavera- mi siedo sulla poltrona al centro della stanza, tra estasi e contemplazione. E mi lascio attraversare dalla dolcezza che volevo ritrovare, dall’armonia, dall’amore passionale che porta allo struggimento dell’anima come da quello equilibrato che annulla la staticità. Ci metto un po’ a spostarmi da lì e tanto mi danno anche i visi dolci della madonne e l’espressione fiera e tenace di la fortezza. Visitate velocemente le altre sale arrivo al terrazzo che affaccia su Palazzo vecchio, faccio qualche foto e mangio il toast prosciutto e formaggio preso al bar del museo. Mi sono guadagnata una mezz’ora di sana leggerezza, di fronte al bel panorama di Firenze e sotto il sole caldo di luglio.
L’uscita dal museo anche è un’esperienza particolare, abbandonare tutte quelle immagini per reimmergersi nella normalità della quotidianità – che a Firenze è comunque eleganza e bellezza dato il panorama architettonico – è leggermente disorientante. Dalla galleria degli Uffizi si arriva velocemente su Ponte Vecchio e sul suo fascino a tratti romantico a tratti malinconico. Qualche foto ancora e mi piacerebbe ritornare indietro per salire sulla cupola del Brunelleschi, che anche dicono sia esperienza da provare una volta nella vita. Ma dato i tempi brevi proseguo verso la fermata dell’autobus in direzione secondo obiettivo del programma. Il cimitero evangelico agli Allori è una struttura privata, molto piccola ed esterna di poco alla città di Firenze. Si trova in località Galluzzo, dove appunto mi ferma l’autobus. Qui riposano persone non cattoliche, per di più di professione evangelica. Il cimitero ha acquisito popolarità mediatica quando nel 2006 vi è stata seppellita Oriana Fallaci. Sono venuta qui per portare un fiore a una scrittrice da cui ho imparato tanto, i punti saldi del mio essere donna a cui mi aggrappo quando sono fragile, ferita, confusa eppure meravigliosamente orgogliosa di ciò che nel mio piccolo riesco a fare. Ci sono modelli a cui guardiamo nel nostro percorso, imperfetti anche loro perchè la perfezione non esiste, ma li guardiamo perchè sono vicini al nostro ideale, ci mostrano vie, modi, forme. A noi intraprenderli in basa al personale modo di vedere, sentire, essere. Mi emoziono a stare qui, ma alcune esperienze emotive sono così complesse che diventa difficile spiegarle, e allora passo. “Grazie Oriana” è solo la sintesi di tutto.
Riprendo l’autobus che mi ferma nel punto esatto in cui ero salita, Ponte Vecchio. Pausa gelato in una delle gelaterie più buone di Firenze per rinfrescarmi e rifornirmi delle energie necessarie a sfidare caldo e strade in salite in direzione Piazzale Michelangelo. Salire a piedi è più faticoso ma certamente più bello. “Viaggiare è molto più divertente che arrivare “, giusto per restare in tema Oriana Fallaci.
Tutto ciò che faccio a piazzale Michelangelo è riposarmi a piedi scalzi su una panchina, guardando Firenze dall’alto. Il mio riposo ad un tratto viene interrotto da un vecchietto fiorentino. Un pensionato gentile che, da ciò che capirò poi, trascorre i suoi pomeriggi offrendosi come guida turistica personalizzata e gratuita. Un po’ sospettosa – che qui in viaggio ricordiamoci sono sola e quando si è soli non si parla agli sconosciuti – accetto la sua proposta di visitare la basilica romanica di San Miniato al monte. Questa chiesetta la si trova sui libri di storia dell’arte della scuola superiore. E infatti io quest’anno l’ho studiata insieme con una 16enne nel capitolo dell’arte romanica mentre mi scervellavo a trovare il modo più facile per favorire comprensione e memorizzazione di concetti che proprio semplici per gli adolescenti non sono. L’apprendimento esperenziale sarebbe la soluzione migliore ma quando non è possibile tocca inventarsi strumenti metacognitivi ad hoc e questo gli insegnanti il più delle volte lo ignorano. Ed è così che buona parte del patrimonio artistico – culturale finisce nel dimenticatoio a favore di link facebookiani di certo più attrattivi. Comunque tornando a San Miniato in monte sembra sia poco visitata dai turisti, che quasi la ignorano. Infatti salendo le scalinate per arrivarci, che sono più di due data la posizione su un monte, si percepisce silenzio, tranquillità, pace. Pochissima gente davvero. Peccato, perchè questa chiesetta a me piace tanto. La facciata è luminosa e da su un bel panorama. All’interno, come tipico delle chiese romaniche, è buia con pareti spoglie e fasci di luce dalle piccole finestre in alto. La navata centrale è attraversata da colonne che formano archi e le navate laterali ospitano un corridoio superiore. E’ una chiesa molto antica, del 1100, uno dei primi esperimenti romanici. Sono presenti ancora elementi pagani, come il grande zodiaco nel corridoio centrale o il triangolo celtico nella facciata superiore. Si respira un divino che sa di magico. Scatto qualche foto e mi preparo a tornare al vicino piazzale Michelangelo. Qui saluto il vecchietto a cui sono debitrice di una bella scoperta e scendo di nuovo in direzione Ponte Vecchio. Da qui di nuovo a Piazza della Signoria e mi fermo per un aperitivo. Uno spritz seduta di fronte al David di Michelangelo: è stata una giornata bellissima ma stancante, mi prendo un riposo frizzante tutto meritato.
Poi la mia stanza di albergo con la testa ancora piena di belle immagini, buona notte Firenze ci vediamo alla prossima.
SECONDO GIORNO : Pistoia
La seconda giornata comincia pacatamente: risveglio tardi, colazione lenta, viaggio comodo, arrivo calmo in una città tranquilla con poca gente senza turisti accalcati, persino il sole è silenzioso. Sto in un bed and breakfast in cui ci sono solo 3 stanze e al momento sono presente solo io con la titolare, una signora gentile che mi accoglie facendomi sentire subito a mio agio. Mi riposo, dormo. Poi scelgo il mio abito per il concerto, non si sa mai dovessi notarmi il mio musicista preferito e quanto è bello sognare, vado a passeggiare in giro per Pistoia. E’ una città piccola, elegante, tra il romanico e il rinascimentale. Ci sono piazze grandi e vicoli stretti. Il posto più bello è sicuramente piazza Duomo con l’alto campanile , il duomo e il battisterio, tutti dipinti a strisce di marmo colorato. Qui al centro c’è il palco per stasera e seduta in un bar lo osservo gustandomi un mega gelato e nel frattempo mi faccio prendere dall’attesa ma anche dalla bellezza scenica del posto. Non ero mai stata ad un concerto così scenograficamente suggestivo, se non quello all’arena di Verona ma quella è un’altra storia.
Il primo pomeriggio diventa tardo pomeriggio, cominciano ad aumentare turisti, persone del posto un po’ per lo shopping di inizio saldi un po’ per il festival del blues che qui è occasione di movimento ed incontri, ragazzi con il biglietto per il concerto in bella vista. Io entro nel duomo che è di un romanico più avanzato: c’è un po’ più di luce e le pareti ospitano dei dipinti, l’effetto della arcate centrali è di movimento e qui c’è un divino già più cristiano. Entro nel battisterio che anche ha un fascino divino, l’effetto della luce che entra dal foro in alto è molto suggestivo. Vorrei visitare il campanile ma la presenza dei tecnici del suono non lo rende possibile. Trascorro il resto del tempo seduta a riposarmi sulle staccionate allestite per il concerto e una volta chiusi i cancelli mi metto in fila per rientrare in piazza. Poi c’è il concerto e tutto quello che un concerto da: ragazzi in continuo movimento, panino da sagra e birra, attesa, gadjet, foto, cani alla ricerca di fumo, applausi, canto, salti, energia. E Ben Harper è sempre Ben Harper. Bellezza divina, talento, suoni malinconici, introspezione intima, veloci passaggi al rock e alla sua energia. E questo è un anticipo del meglio che vorrei nei miei 30 anni.
Più che un autoregalo mi è sembrato che hai lavorato per tutti noi che ti leggiamo e che possiamo godere delle tue foto. Sei l’inviata speciale di Art’Empori.
Alessio
Dottoressa bello il tuo riassunto ! Molto vivo ed espressivo!!!! Io avrei scritto solamente 3 aggettivi per descrivere questa vacanza PASSIONALE, VIBRANTE,INDISPENSABILE ))))