Femminicidio e genocidio economico. Differenze di genere e crisi economica
Infatti, l’autore materiale della violenza rappresenta solo il sintomo di un malessere collettivo che si manifesta negli anelli più deboli della comunità.
La stasi sociale che ne consegue causa uno squilibrio evoluzionistico: nonostante i delitti contro la persona siano in diminuzione, una violenza di tipo sociale prende il sopravvento a danno dei più deboli. Tramite i mass media, conosciamo solo i sintomi di una violenza, non solo fisica, sempre più prolifica: nel caso della coppia la vittima è la donna, nell’economia è il lavoratore che perde il posto o la piccola azienda che chiude.
La donna, quando differente, aveva il ruolo di frenare quella violenza in economia che, estremizzando il liberismo e la delega, tipica del modello occidentale e maschile, sta degenerando in un genocidio economico che, sotto casa di ognuno, colpisce il cittadino medio e i territori.
La donna, sottovalutando la portata rivoluzionaria della cura della casa (e del mondo) e del conseguente linguaggio della non violenza, ormai omologatasi al lavoro maschile, non solo ha smesso la funzione di confronto culturale per il maschio, ma, anche nel concreto degli stili di vita, ha contribuito a un’economia delegata alle multinazionali.
Le donne in carriera, non avendo tempo per autoprodurre cibo per i propri familiari e per acquistare dal vicino, si affidano alla grande distribuzione: le intolleranze alimentari delle nuove generazioni realizzano il campanello d’allarme di un malessere sociale ben più rilevante.
Il senso di onnipotenza dei giovani navigatori del web, garantita dai social network delle multinazionali, poi, nel mondo reale e territoriale, si sbriciola di fronte alla mancanza di opportunità lavorative che le stesse multinazionali gli sottraggono.
Il femminicidio è il sintomo di un malessere ben più ampio, dove il colpevole non è il singolo, individuabile e punibile: questo malessere, oggi, si esprime particolarmente come genocidio economico che, anche quando non è causa di suicidi, lascia il nostro vicino senza lavoro, senza casa, senza azienda. Tutto questo sotto lo sguardo indifferente e fatalista della comunità, come per gli ebrei durante il nazismo.
Chi vuole manifestare contro il femminicidio, invece di delegare, rivolgendosi retoricamente agli uomini, vada nei parcheggi dei supermercati e protesti contro le donne/maschio che nel quotidiano, con i loro suv, fanno spesa di ingiustizia.
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vedi anche di Alessio Masone:
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