Ciò che mi nutre mi distrugge: documentario sui disturbi del comportamento alimentare
[di Mariapaola Bianchini] I Disturbi del Comportamento Alimentare sono una problematica drammatica che compromette significativamente il livello di vita personale e familiare, con esiti spesso irreparabili. Se ne è sempre parlato tanto a livello mediatico e il focus sulla moda, i canoni di bellezza, le turbe adolescenziali, ha contribuito non poco a connotarlo nel solo senso estetico nascondendone il significato più profondo. Il corpo è tutto ciò che abbiamo per vivere noi stessi in contatto con il mondo e il modo in cui lo trattiamo esprime significati ben più articolati del desiderio di apparire belli e perfetti. Ecco che il senso più ampio, autentico, complesso dei disturbi del comportamento alimentare lo si può cogliere attraverso una non semplificazione e un ascolto attento. Questo l’obiettivo del documentario “Ciò che mi nutre mi distrugge” , in diretta su rai3 questa sera alle 23,55 all’interno del programma DOC3. Si tratta di un documentario realizzato da Raffaele Brunetta e Ilaria De Laurentiis entrando con le telecamere direttamente dentro le stanze della terapia, scelta delicata realizzata nel pieno rispetto di tutte le persone coinvolte. Il documentario è stato girato presso il servizio ambulatoriale per la cura dei Disturbi Alimentari della ASL Roma E sito nel Compensorio di Santa Maria della Pietà e diretto dal dottor Armando Cotugno, psichiatra e psicoterapeuta cognitivo comportamentale.
Da una lettera aperta del dottore, consultabile sul sito del progetto – www.ciocheminutremidistrugge.com – si comprende l’attenzione e la cura messi in campo da tutti gli operatori tecnici e scientifici coinvolti. Sempre dal sito, nella sezione note di regia, è possibile comprendere lo spirito che ha sostenuto il progetto e che ha fatto meritare al documentario il sostegno allo sviluppo del Programma Media della Comunità Europea e il riconoscimento dell’interesse culturale da parte della Direzione Generale per il Cinema del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
“Solamente osservando quanto si dice, o non si riesce a dire durante la terapia, osservando i gesti, gli sguardi, le reazioni, si riesce a comprendere le dinamiche che sottendono a questa malattia. Un film che potesse mostrare a tutti cosa avviene durante le terapie, è sembrato quindi il modo più efficace per affrontare questo tema. La scelta presuppone uno stile di regia di tipo “osservazionale”, interferendo il meno possibile con quanto avviene davanti all’occhio della camera, ciò permette di penetrare a fondo nelle singole storie, affrontare il tema senza sentimentalismi o retorica, arrivare lì dove nessun commento, intervista o ricostruzione servirebbe a rendere così nitida la realtà. I silenzi durante le sedute di terapia parlano più delle parole. Gli sguardi, i gesti, le reazioni, raccontano emozioni forti, conflitti interiori, dramma e speranza. Particolare attenzione viene rivolta a non modificare la luce e la generale atmosfera dell’ambiente nel quale hanno luogo le terapie. L’esigenza e la scelta di rendere la nostra presenza il meno invasiva possibile influisce sul risultato del film in termini estetici: il tempo filmico scorre come in tempo reale, la realtà non è rappresentata ma restituita nella sua crudezza, nella sua verità. Il film-documentario trae forza dalla sua “asciuttezza”. Il progetto, per le sue peculiarità, conta sul sostegno e sull’approvazione dell’equipe medica: per la delicatezza del tema trattato è stato indispensabile confrontarsi col parere dei medici e degli operatori che collaborano con noi a stretto contatto.”