Un carnevale antico quanto l’uomo. Montemarano
[di Franca Molinaro da La Grande Madre] La vecchia quaresima rinsecchita passa per vichi e cortili e spazza via gli ultimi confetti lanciati dai “Caporabballo” montemaranesi, già, perché in questo paese non si lanciano solo coriandoli ma veri confetti come a un matrimonio; è azzardato dirlo ma a me fa pensare allo “sposalizio della terra col sole”. Il Carnevale, iniziato con le maschere e i suoni di sant’Antonio Abate, vede il suo tripudio e condanna al rogo il martedì grasso, sarà poi bruciato domani in piazza. Nel nostro entroterra, il carnevale più antico e caratteristico è sicuramente quello di Montemarano, quest’anno trasmesso in diretta dalla Rai. Molti studiosi ne hanno scritto e tutti hanno concordato sull’originalità della tradizione.
Il paese, arroccato su uno sperone dell’Appennino, come un’aquila reale vive con fierezza le sue peculiarità. La tarantella che porta il suo nome è compagna inscindibile del carnevale, non si sa chi dei due sia nato prima, questo ritmo arcaico comune a tutte le regioni del Sud, a Montemarano conserva sonorità uniche e altrettante valenze. Questo momento di passaggio e quindi di capovolgimento dell’ordine costituito legato forse ai riti di passaggio, a Montemarano presenta un rituale ascrivibile alle antiche processioni sacre, accompagnate da determinati suoni.
I Montemaranesi, a giusta ragione, sono orgogliosi del loro patrimonio etnomusicale e lo propongono, oggi, a tutto il mondo collegandolo a diverse attività, nel corso di tutto l’anno. Il paese ha la fortuna di avere giovani operosissimi che si adoperano per la salvaguardia e la promozione del territorio, a partire dal giovanissimo sindaco Beniamino Palmieri, il presidente dell’associazione “Amomontemarano” Antonio Di Vito, l’ideatore e curatore del museo etnomusicale, ricercatore della tradizione sonora Luigi D’Agnese, il gruppo folkloristico di Achille D’Agnese che ha portato le note della Montemaranese in tutto il mondo, la scuola di tarantella di Roberto D’Agnese.
Una gioventù che non si arrende alla crisi e alla depressione ma si alimenta alla radice profonda e antica della propria cultura. Ma quale rischio corre una manifestazione che ogni anno vede arrivare un numero sempre maggiore di forestieri non sempre rispettosi delle regole vecchie di millenni? E’ vero, la tradizione popolare non è mai cristallizzata, è viva e si evolve perché è nella sua natura, ma il rischio di spettacolarizzare il rito derubandolo della sua anima originaria, è alto. Mi rivolgo a Luigi D’Agnese, responsabile del museo, lui ha recuperato la memoria di questo popolo con varie pubblicazioni e registrazioni, conosce le regole tramandate di generazione in generazione.
Ecco alcune norme fondamentali per “Vivere la Tradizione” nel Carnevale di Montemarano:
- Il “caporabballo” è la figura fondamentale, una maschera unica che compare solo in questo paese per questo deve essere rigorosamente maschio e locale, egli ha il compito di far rispettare le regole nell’ambito del gruppo che rappresenta. Un tempo, quando le serate si prolungavano nelle case private, il capofamiglia apriva la propria casa ma la responsabilità della festa era del caporabballo. E’ indispensabile l’ospitalità verso i forestieri ma bisogna spiegare che Montemarano non è il paese della trasgressione o del divertimento sregolato, occorre partecipare nel rispetto degli usi e costumi del popolo ospite. Durante i giorni di Carnevale, è necessario che siano i musicisti locali a suonare secondo regole stabilite non da noi ma da chi ci ha preceduto nei secoli scorsi. Questo non è un palcoscenico per esibire la bravura di alcuno.
La stessa Montemaranese, in questa circostanza ha delle regole: non deve esagerare nella paranza con un’infinità di strumenti musicali, sono consentiti al massimo 2 clarinetti, 2 fisarmoniche e 2 tamburi, questo per avere una musica pulita, ascoltabile e, soprattutto ballabile. Le paranze debbono fare una preparazione preventiva per ottenere una coreografia ordinata e armonica. Inoltre non è il caso di adottare “suonate” nuove o importate perché il senso del tutto è dato dai ritmi originali che rappresentano la nostra storia. Altra cosa indispensabile è la riscoperta dei costumi tradizionali: Ballerinola, Caporabballo col bastone o con la scopa, Pulicinielli con le pagliette e i nastri variopinti, Pezzaro ovvero l’arlecchino montemaranese, Vecchio, Pacchiana. La comunità deve recuperare il valore del rito, una volta era aggregazione familiare, amichevole e piena di allegria, ci si riuniva una volta per casa e si consumava un pasto insieme, vicino ad un buon bicchiere di vino e un saporito salame paesano, poi tutti a ballare e a divertirsi.
Il periodo che va da Sant’Antonio Abate al carnevale era uno scambio continuo di cene, incontri, consigli, prove di musica e coreografia. Oggi rischiamo di perdere di vista il senso vero del momento per uniformarci sempre più agli sfarzosi carnevali nazionali e internazionali”. Le perplessità sono comprensibili pur nella coscienza che non si può bloccare l’evoluzione culturale di qualsiasi ritualità ma, noi siamo certi, Montemarano saprà conservare la sua tradizione pur confrontandosi col mondo.
Articolo pubblicato su Ottopagine 8 marzo 2014.
Articolo dal blog:
http://lagrandemadre.wordpress.com/2014/03/08/un-carnevale-antico-quanto-luomo/