Passione procidana. I Misteri isolani del venerdì santo.
[di Brunella Severino] La sveglia regolata sulle quattro del mattino, è un piccolo sacrificio che si spende volentieri per entrare nella magica atmosfera che avvolge l’isola nei giorni della settimana Santa. Se conoscete Procida, non esitate a visitarla in questa occasione, per conoscere i suoi “misteri”, e raccogliere il dono dell’emozionante esperienza che la popolazione condividerà con voi, accogliendovi ospitale nella sua Processione.
Gli scenari caratteristici che spuntano da ogni angolo, mentre si attraversano vicoli, piazzette e cortili, il mare che si affaccia improvviso ad una svolta o affacciata, non smettono mai di stupire ed incantare: non so trovare parola diversa dall’incanto, che poi diventa incantesimo, per esprimere le sensazioni che animano chi scopre questo piccolo grande mondo. Ho visitato altre isole, ma Procida mi ha rubato il cuore, e non mi basta mai il tempo che riesco a strappare al mio, per tornare a lei, e continuare ad esplorarla, per innamorarmene ancora di più.
Come in questi ultimi due giorni, trascorsi in passione, contagiata e animata dal fermento generale annunciato dallo struggente suono delle trombe, che ti trafigge l’anima di brividi e ti rimanda al Cristo trafitto per noi. Il susseguente battito unico sul tamburo, sospende per un attimo il tuo cuore e pensi a quella fine sacrificale, che non si può dimenticare, anzi si vuole ricordare, attraverso tante tradizioni, che tanti popoli diversamente rinnovano con fede.
E Procida ricorda con i suoi Misteri: spettacolari creazioni scultoree che rappresentano vari momenti della Passione, interpretati con devota dedizione e talento artistico, montate su piattaforme che poi pesantissime, vengono trasportate dai gruppi appartenenti alla congrega dei Turchini: la più antica che ha il compito di condurre la processione. La sera del giovedì santo, ci si reca in visita al Sepolcro, dove il Cristo morto, realizzato in una realistica antica scultura in legno, giace al centro della piccola chiesa allestita dai membri della congrega.
Una visita e poi l’attesa della sua uscita nella prima processione, per la quale io ed i miei amici, ci siamo affrettati su, verso Terra Murata, il punto più alto e panoramico dell’isola, che si raggiunge dalla ripida salita di Semmarezio, per giungere ai “cantieri ” dei Misteri, dove fervono gli ultimi ansiosi preparativi.
Grossi tendoni, nascondono le opere che seppure ancora da ritoccare, già rivelano la propria bellezza e genialità di ispirazione, e ti affretti per non mancare di vederne alcuno, perché adesso sono proprio lì vicinissimi, e puoi sfiorarli nello splendore dei volti di antichi e possenti personaggi , che abili mani hanno saputo caratterizzare di pensose espressioni, di sguardi che si posano su scenari di navi, di pesca, di quotidianità .Vite tramandate nelle tradizioni, come questa dei Misteri, che racconta generazioni di gente semplice ma fiera, ospitale ma misteriosa, come le sue genìe, che cerchi di capire attraverso i libri di talenti locali.
E poi giunge l’ora in cui tutto si ferma, perché le trombe suonano più vicine, e precedono di poco il sacro corteo mentre il crepuscolo avvolge anche l’anima. Io ho scelto il muretto di Piazza dei Martiri per scattare i miei ricordi, dall’alto di una posizione mozzafiato, dove il mio sguardo oscilla incessante, mentre scorge il lento sfilare della sottostante processione, tracciata dalla scia di candele, per poi spostarsi sul mare che di fronte si scorge calmo, baciato dalla luna, mentre accarezza la sottostante Corricella.
Uno sguardo che cattura il tutto di questi luoghi: il mare, la sua gente, e ancora il mare. Non ho parole per descrivere queste immagini, né le mie foto ne sono all’altezza, ma so che mi mancheranno e che ad occhi chiusi cercherò di ripassarle con nostalgia, assaporando ancora le emozioni vissute. Seguiamo il corteo che accompagna il Cristo nell’Abbazia di S. Michele dove resterà per la veglia notturna; scrigno prezioso incorporato nella roccia, eretta intorno all’anno mille, distrutto e poi recuperato, per continuare a sovrastare nella sua dura bellezza, imponente guardiana di questo scoglio, al quale il mare ha condotto tanta storia nei secoli.
Rientro per poche ore di sonno, per poi ritornare quando è ancora al buio, dopo il risveglio alle quattro del mattino, quando assonnata ed infreddolita, mi ritrovo con gli amici per salire di nuovo a piazza dei Martiri dove ci abbandoniamo allo spettacolo dell’alba che lentamente ci rivela il mare e le case colorate della Corricella ritrovata. Risaliamo verso Terra Murata: Luciano Ferrara frenetico si sposta da un punto all’altro per provare le migliori postazioni, per quelle che saranno le sue prossime opere d’arte.
Un nuovo progetto anima il suo rinnovato amore per Procida dove ha vissuto per dodici anni, e che adesso clicca affidandolo ad immagini di talento, che attendiamo ansiosi di vedere. Nello spazio antistante l’Abbazia, gli ultimi preparativi, tra vestizioni appartate, suoni di tromba e tamburo, accordi organizzativi, mentre qualcuno si affretta portando in braccio angioletti addormentati, nei tipici costumi neri ricamati in oro.
Tutto è pronto e noi spezziamo l’ansia dell’attesa mettendoci a turno in posa, per immortalare la gioia di condividere questa esperienza, scambiandoci macchinette fotografiche e lazzi di commento alle pose. Giunge l’ora e noi ci separiamo dirigendoci ognuno nel luogo scelto per assistere alla processione, catturando in fretta i buchi rimasti nella folla di spettatori. Io, Rosaria e Roberto ci sistemiamo davanti ad una casa circondata di piante e fiori, che la proprietaria cerca di proteggere dall’invadente assalto della folla, ma poi rassegnata offre anche qualche caffè alla troupe televisiva cui offre il suo balcone.
Giunge il corteo dei Misteri, quest’anno quarantaquattro, che sfilano rivelando la finale bellezza e peculiarità, ed io attendo con ansia il mio preferito, che avevo individuato nei tendoni cantieri, e che adesso si para maestoso con l’aggiunta del tempietto, come mi era stato illustrato dai ragazzi del gruppo che lo ha realizzato: una nave con gli affascinanti naviganti, un po’ greci, un po’ saraceni, abilmente scolpiti da un giovane artista, ispiratosi alle statue della fontana di Trevi. Una scena di pesca, di vita di mare, con i suoi pesci e una grande rete di vicende umane, trascorse “nell’acqua salata”.
Siamo in piedi, distrutti per i debito di sonno degli ultimi due giorni, ma resistiamo fino alla fine: il corteo sacro dell’Addolorata, sostenuta anche dal mio amico Antonio, poi il Cristo morto, e in chiusura la sfilata degli angioletti , vestiti dei neri costumi antichi, per fortuna spezzati da un ciucciotto o pupazzetto, che ci riporta alla loro fragile tenerezza; qualcuno addormentato, qualcuno piange spaventato: nel loro sfilare, la consegna degli avi, per il tramando di una tradizione che crescendo loro onoreranno nel passaggio di ruoli conquistati. La chiusura affidata ad un corteo di catene di varie misure, che trascinate a terra suonano una triste, colpevole, crudele musica funebre.
Una tradizione forte dei suoi simboli, che non puoi dimenticare, e che una volta conosciuta vorrai rivivere attraverso questa processione, famosa nel mondo: per me la più incisiva che ho vissuto, un’altra mia passione procidana.
Brunella Severino da Benevento
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per informazioni sul rito organizzato dalla Confraternita dei Turchini: http://it.wikipedia.org/wiki/Settimana_Santa_di_Procida
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Grande Brunella!