Neocontadini. La rivoluzione culturale dei giovani che tornano alla terra e ai suoi ritmi
[da Non sprecare] C’è chi ha deciso di ricominciare a coltivare quel terreno di famiglia lasciato incolto da tempo, chi sceglie i campi perché vuole cambiare vita e chi è senza lavoro e non spreca l’occasione di reinventarsi e ancorarsi alla terra.
In tempi di instabilità economica e profonda incertezza sul futuro si torna a coltivare. Una vera e propria rivoluzione culturale quella in corso nel mondo dell’agricoltura dove aumentano ogni giorno di più i giovani che hanno deciso di tornare alla terra e sporcarsi le mani nei campi.
Un fenomeno in piena espansione come emerge dai dati rilevati da Swg per conto di Coldiretti: circa 51 740 gli under 35 che avevano deciso di dedicarsi al lavoro dei campi nel 2007 diventati poi 82 110 nel 2010 e i numeri sono in continua crescita. Si tratta di giovani istruiti con titoli di studio specifici come ad esempio quello da perito agrario o enologo ma non solo. Sono tanti anche i geometri, gli ingegneri e gli esperti di comunicazione che hanno deciso di mollare la scrivania e il computer per reinventarsi in un settore diverso dal proprio.
Aumentano inoltre giorno dopo giorno i movimenti per recuperare i terreni pubblici abbandonati sui quali stanno sorgendo tanti orti urbani in cui i moderni contadini di città coltivano da soli frutta e verdura.
Una vera e propria rivoluzione culturale quindi, se si pensa che fino a qualche anno fa la campagna era sinonimo di arretratezza.
E con la riscoperta dell’interesse verso la terra crescono anche le assunzioni nelle aziende agricole che registrano un incremento record del 3,6 per cento. Non solo: per la Coldiretti, nel settore si avranno almeno altri 100 mila nuovi posti di lavoro durante i prossimi tre anni.
Ma come per ogni cosa, anche i nuovi agricoltori si trovano spesso di fronte a non poche difficoltà, prima fra tutte l’accesso alla terra e di conseguenza al credito.
Troppo alti nel nostro paese i costi degli ettari di terra. Per un solo ettaro si arriva a spendere anche 18-20 mila euro, una cifra nettamente superiore rispetto a quella richiesta in altri paesi europei dove si aggira intorno ai 7-8 mila euro.
Ma la cosa sorprendente è che nonostante le difficoltà, i giovani aspiranti agricoltori non si arrendono, investono nella terra i propri risparmi e scelgono di rischiare in proprio piuttosto che continuare a percorrere a vita la strada del precariato.
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Foto: orto sinergico (spriale per Pachamama) di Mariapia Cutillo, San Salvatore Telesino (BN).