Una giustizia sostenibile per Erri De Luca. Reati occulti e diritto naturale alla tutela dei territori.
Per una cittadinanza giuridica non delegata
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I cittadini, delegando alle norme codificate e ai tribunali, perdono l’attitudine a verificare in prima persona cosa sia etico nel caso concreto. Le parti coinvolte, invece di gestire la controversia come occasione per includere le ragioni dell’altro e rivedere il proprio rapporto con i diritti, si appellano passivamente alla violenza della forma giuridica che genera esclusione. Non a caso, i tribunali sono il luogo dell’acredine, dell’incomunicabilità e, molto spesso, della separazione tra sostanza e forma. Delegare alle norme è l’antitesi dell’economia del dono che agevola un darsi all’altro a prescindere da una calcolata reciprocità, senza sottostare a un condizionante sinallagma. Estremizzando, se anche lo scambio di doni fosse disciplinato dall’ordinamento giuridico, il Natale saprebbe più di carta bollata che di coesione e pacificazione.
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Anche il sistema penale può essere luogo di contraddizione tra il diritto naturale e quello codificato: una persona può agire nel modo più utilitaristico ed individualistico, ma, se formalmente non incappa in un reato poi individuato, resta un cittadino dignitoso e libero. Al contrario, una persona, come Erri De Luca, agendo per un bene collettivo contro la TAV, senza ricavarne arricchimento personale, può formalmente incappare in un reato e diventa passibile di pena.
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Se, per tutelare una certezza del diritto, i pubblici ufficiali si devono attenere alle norme, invece, per tutelare un’evoluzione del diritto, dobbiamo considerare che le norme del diritto positivo mutano, adattandosi ai cambiamenti sociali, su pressione della società civile, come nel caso delle proteste contro la realizzazione della TAV. Queste azioni collettive a tutela dei beni comuni, in quanto promotrici di cambiamento, sociale e legislativo, dovrebbero essere considerate non come reati ma come atti politici equiparabili a quelli svolti all’interno del Parlamento.
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Mentre è in corso una crisi economica epocale che mette in discussione il vecchio modello di sviluppo ormai incapace di equità e coesione, le popolazioni si ribellano a linee ferroviarie che, a danno dei territori, favoriscono solo pochi privilegiati e sono parte di un modello economico sovraterritoriale ormai collassato.
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Anche per questo motivo, appare paradossale che il diritto naturale e ancestrale a tutelare il proprio territorio possa configurarsi formalmente come reato. Nel caso dell’intellettuale e scrittore Erri De Luca, promuovere “culturalmente” la tutela del territorio dalla TAV dovrebbe essere considerato atto di diritto naturale irrinunciabile che meriti di essere contemperato ma non annullato dalle altre norme successive e inferiori del diritto codificato. Non è da escludere che, un giorno, la Corte Costituzionale annulli per incostituzionalità tutte le sentenze penali emesse nei confronti di chiunque, senza cagionare lesioni alle persone, abbia manifestato collettivamente per tutelare i territori e i beni comuni.
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L’economia solidale ci insegna che la TAV, mentre consente alcuni benefici visibili, comporta ancor più numerosi costi occulti, quelli ambientali e sociali diffusamente a carico dei territori: dovremmo quindi ipotizzare che, chi realizza e tutela la TAV, commette “reati occulti”? Quando i giudici potranno/dovranno tenere conto, nelle loro sentenze, dei reati occulti che, sebbene diffusamente a danno della collettività, non sono codificati? I singoli membri delle forze dell’ordine, in questi casi, un giorno, potranno astenersi dal resistere con la forza alle azioni della società civile che, senza comportare lesioni alle persone, manifesta per i beni comuni?
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Una giustizia è sostenibile se tiene conto del diritto naturale e inalienabile all’autodeterminazione e alla tutela dei territori.
Una giustizia è sostenibile se considera anche i “reati occulti” diffusamente a danno della collettività.
Una giustizia è sostenibile se è rappresentativa di quella attualmente promossa dalla popolazione.
Una giustizia è sostenibile se include esperienzialmente il cittadino che, in prima persona, volta per volta, si confronta con l’etica dei diritti, senza delegare passivamente alle norme cristallizzate che escludono gli individui.
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Erri De Luca, con la sua posizione, ha evidenziato l’insostenibilità della TAV ed anche l’insostenibilità della cittadinanza giuridica delegata che, producendo infelicità diffusa, incentiva nella popolazione la delega in ogni cittadinanza, economica, artistica e sociale.
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Bene, Alessio.
Anche se, forse, De Luca direbbe solo: ‘Non ora, non qui’.
Occorre molto tempo – e molta fiducia ‘attiva’ nel futuro – perchè le cose cambino.
Grazie anche a Brunella per la segnalazione.