E se i “meno” in economia fossero dei “più” alla Vita?
“Il Sud è messo peggio della Grecia e si avvia verso un sottosviluppo permanente”.
Questi i dati del rapporto Svimez (associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno) sulla crescita del sud negli ultimi tre anni.
Il rapporto disegna un quadro di una parte di stivale che scivola sempre più nell’arretramento sino a trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente dove primeggia povertà, emigrazione, crollo di spesa pubblica ed investimenti.
Beh, cosa dire, se guardiamo da un punto di vista economico e consumistico che ha come obiettivo il Pil (prodotto interno lordo) ossia il valore monetario totale di beni e servizi prodotti in un Paese e destinati al consumo non possiamo dare torto a questa indagine.
Ma io voglio andare oltre l’ipnosi di massa della “crescita economica”, ricordando Zygmunt Bauman che qualche giorno fa in un intervista ha detto: «Le statistiche ingannano. Dietro la crescita economica fotografata dai numeri si accumula malessere e la sola cura che conosciamo ci dice di spingere ancora sull’economia, ma non è così che impareremo ad essere felici».
È necessario essere coscienti che il perfido meccanismo consumistico si alimenta di se stesso tanto per cui gli indicatori economici crescono grazie a dinamiche socialmente dannose come ad esempio: una persona che mangia additivi e schifezze nascoste nel cibo, vive situazioni stressogene, si ammala e nutre il sistema ecomomico e sanitario; le strade sono rotte, la macchina si rompe e i guasti autoalimentano il sistema riparandoli.
In pratica il Pil misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.
Nel suo saggio “L’economia della felicità ” il giornalista Luca de Biase, sostiene che per troppo tempo gli uomini hanno pensato che la felicità dipendesse dal livello dei consumi e, per assicurarsene una fetta sempre maggiore, hanno dedicato al lavoro una quota sempre più alta del loro tempo. Così facendo hanno però finito col sacrificare tutto ciò che gratuitamente potesse offrire benessere e generare felicità.
In breve è facile capire che dal momento in cui il sistema economico ci ha condizionato i desideri (complice Tv e pubblicità) facendoci credere che abbiamo bisogno di soldi per comprare tutto, ci ha delegittimato delle nostre capacità di procurarci un benessere che non sia in prodotti idioti figli di bisogni indotti.
La gente è stressata, depressa, e ha sempre più paura di vivere se non può cambiar l’auto, il cellulare, avere le mutande firmate, uscire il sabato sera. Rendiamoci conto che per lo più sono bisogni fittizi.
L’irrealtà di questi bisogni si accresce quando viviamo persi tra ore di tivù, di calcio, di social network, di aperitivi al bar che ci modellano il pensiero e non c’è nulla di più drammatico di un pensiero che non riesce più a distinguere la realtà dalla fantasia.
Ritornando al rapporto mi piace pensare che il Sud sia sulla buona strada per un recupero di indipendenza da un sistema economico che ha mercificato tutto.
Nella fortuna della trascuratezza industriale/politica il Sud ha guadagnato una magica risorsa cioè capire che c’è altro oltre il denaro, qualcosa che non è facilmente mercificabile e che davvero segna il benessere psicofisico dell’umanità cioè il nostro fare, le nostra attività creativa, la capacità di autoprodurre, di fare insieme, di avere relazioni nutrienti, le intelligenze vive e l’arte di sopravvivere.
Non ci mancano le risorse materiali quali: terre, mari, i siti archeologici più belli, i territori, il sapere ed i sapori tradizionali, i semi autoctoni, la biodiversità, il verde, le colline e le montagne, le persone vere che hanno ancora un sapere ed idee genuine, le filiere corte che ci permettono di dare il giusto valore a chi produce non a chi si arricchisce sulle speculazioni. E tanto altro ancora…
Allora ben vengano i “meno” delle statistiche se noi sappiamo trasformarli in “più” di Benessere,Civiltà e Vita.