La fatica di essere “Una donna del Sud” nel monologo di Pierluigi Tortora

pierluigi-tortora-donna sud quartaparetepress[di Antonio Di Chiara] Emozionante! È la prima parola che mi viene in mente ripensando allo spettacolo andato in scena, il 23 luglio 2014, presso Palazzo Fusco-Rossi, per “I concerti della Bottega”. Emozioni forti come quelle che solo certe Donne sanno suscitare. Donne che hanno vissuto gli stenti, la guerra, le gioie ed i dolori; donne che hanno saputo accontentarsi di quello che avevano e di tenerselo stretto a sé; donne che hanno saputo affrontare le difficoltà con la dignità che, forse, solo le donne di altri tempi avevano; donne che hanno saputo ridere e far ridere. Ecco: Giuseppina è una di queste donne con una particolarità: è una donna del Sud, forte ma anche tenera, moglie devota e madre affettuosa, una donna che appartiene alla sua terra… la terra del Sud!

Caldamente consigliatomi da un amico, a scatola chiusa, senza dirmi il perché sarebbe stato bello assistere a questo monologo, sono andato all’appuntamento quasi timoroso. Quando si parla di monologo teatrale non sai mai cosa ti aspetta! Ed invece…

Sarà perché lo spettacolo diretto ed interpretato da Pierluigi Tortora racconta una storia comune, la storia di Giuseppina, detta Peppenella perché bellella e peccerella, che è la nonna dell’attore ma potrebbe essere la nonna di tanti di noi; sarà perché Giuseppina suscita ilarità nello spettatore quando racconta di come, un giorno, seguito suo marito Valentino mentre andava dall’amante, affronta la stessa a muso duro (“Zucculò! Caccia a maritimo a via ‘e fore! Maritimo è ‘o mio, sinnò ve votto abbascio a tutt’e due”! Ato che pasta ‘e fasule!!!); sarà perché Giuseppina provoca profonda commozione in tutti quando racconta di come, nel 1946, “erano tiempi brutti assai”, perse il primo figlio, Tullio, dilaniato da una bomba post bellica mentre giocava! La messa in scena dello strazio di Giuseppina alla vista del corpo dilaniato del figlio ed il silenzio che segue, per alcuni attimi, non può indurre lo spettatore a non riflettere sulla guerra e sulle conseguenze che essa provoca, ancora oggi, proprio sui bambini che giocano…

Sarà perché Giuseppina è una donna forte che, da sola, va in treno a Palermo a trovare la figlia ed i nipoti ma è anche una donna saggia perché si rende conto che, ad una certa età, non può più prendere il treno per Palermo perché l’ultima volta “Me scurdai ‘e scenne a Palermo e arrivai a nù paese che se chiama comme ‘o liquore: Marsala!”.

Sarà perché Tortora, in questo monologo, vestendo i panni della nonna Giuseppina, e raccontando le numerose storie della sua famiglia, le storie della sua vita quasi centenaria, ha messo in scena una cronaca dal passato mentre tutto intorno il mondo cambia.

Sarà per tutto questo e per tanto altro che, alla fine, quando gli applausi attribuivano il giusto tributo all’attore in scena, mi sono detto “Peccato che sia già finito”.

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