Psicoterapia ovvero il paradigma artistico. Dizionario del cambiamento
La psicoterapia, laddove non diventi la mano normatrice dell’appiattimento collettivo, può essere considerata uno dei luoghi privilegiati in cui l’uomo ricerca e coglie il senso profondo del suo essere-nel-mondo. Essa cioè ha tutte le potenzialità per diventare, secondo Hillman, cellula rivoluzionaria “perché ci si interroga anche su ciò che, proprio adesso, mi sta facendo veramente violenza”. Nel percorso psicoterapeutico la persona può seguire fino in fondo i meandri della sua interiorità, e legarli consapevolmente all’agire degli altri: il Sé individuale è inevitabilmente intriso del senso della comunità, quale humus vivificatore.
La critica di Hillman arriva dunque anche a denunciare una certa pratica della psicoterapia che tende a uniformare le persone anziché esaltarle nella loro unicità, a normarle e normalizzarle anziché aiutarle ad esprimere in pieno la parte creativa e vitale.
[...] Interroghiamoci dunque continuamente, nella prassi clinica, sui molteplici e talvolta oscuri sottintesi di termini come “esame di realtà”, “maturo”, “ben orientato”, “compensato”, espressioni che dicono molto anche rispetto al sistema che li ha nel tempo prodotti. Può essere utile riflettere su queste parole di Hillman: “Se la terapia immagina che il suo compito sia quello di aiutare la gente a sopportare (e a non protestare), ad adattarsi (e a non ribellarsi), a normalizzare le proprie eccentricità (…) allora la terapia sta collaborando a realizzare quello che vuole lo stato: una plebe docile.” (James Hillman, Cent’anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio, Raffaello Cortina 1998).
Il paradigma artistico, secondo Hillman, è efficace nel riassumere una possibile lettura della psicoterapia: l’arte esalta l’unicità dell’individuo ed è inoltre sensibile alle ingiustizie sociali; non ultimo, l’arte ha come nemico fondamentale la mediocrità.
C’è dunque bisogno di tutta la nostra peculiare e incancellabile diversità, perché riusciamo a non omologarci ma, al contrario, a tenere viva l’attenzione e la capacità di critica e di azione in questo mondo e nel tempo che ci è dato, nel continuo, perenne tentativo di comprendere chi siamo.
Da Carmela Longo, Avere a cuore il mondo, Edizioni La Meridiana, Molfetta 2013, pp. 32-33.